NOTA INTRODUTTIVA DELL’AUTORE :Questo scritto non sarebbe mai stato possibile senza le approfondite discussioni intraprese ormai qualche anno fa con gli autorevoli colleghi del Master in Diritto delle nuove tecnologie ed Informatica Giuridica dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, che non smetterò mai di stimare.
Sul finire degli anni settanta e inizio anni ottanta, la maggior parte dei produttori software, anche a causa dell’incremento della concorrenza oltre che dell’approvazione del c.d. Copyright Act del 1976, smise di distribuire il codice sorgente e cominciò a usare Copyright e licenze restrittive per il software, al fine di limitarne o proibirne la copia e la redistribuzione.
Il primo a ribellarsi a tale assetto economico-giuridico del modello del software c.d. proprietario fu l’informatico statunitense Richard Stallman (inventore insieme a Sussman nel 2003 del metodo ancora oggi più generale e potente di “Intelligent backtracking”) che si fece promotore di un diverso regime che garantisse invece agli utenti, individualmente o in collaborazione con altri, le quattro libertà che invero il regime proprietario gli negava:
- libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo;
- libertà di studiare come funziona il programma ed adattarlo alle proprie necessità;
- libertà di redistribuire copie in modo da aiutare il prossimo;
- libertà di migliorare il programma e di distribuire pubblicamente i miglioramenti apportati dagli utenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio.
Fu Stallman a coniare la locuzione “software libero” per designare i programmi informatici ai cui utenti fossero garantite tali libertà ed elaborò un meccanismo giuridico atto a garantirle: la licenza GPL (General Public Licence). Alle clausole che garantiscono le libertà degli utenti si unisce, nella disciplina della GPL, la clausola del copyleft i programmi che risultano dalla modifica di un software soggetto a GPL possono essere trasferiti ad altri solo se assoggettati anch’essi alla disciplina della GPL. Scopo della clausola del copyleft è far sì che il patrimonio del software libero si espanda progressivamente, incorporando perfezionamenti e sviluppi dei programmi liberi.
I software disciplinati dalla GPL non sono quindi “di pubblico dominio”, ossia completamente sottratti al diritto d’autore: essi sono soggetti alla componente morale del diritto d’autore ed al vincolo di copyleft.
Per classificare i software sulla base della loro disciplina giuridica è opportuno, pertanto, distinguere le due grandi categorie appena illustrate:
- SOFTWARE PROPRIETARIO: il suo uso è ristretto dalle esclusive del diritto d’autore e viene conferito secondo una licenza che limita le libertà dell’utente. Tale licenza conferisce al licenziatario, di regola, la sola facoltà di usare il software, senza poterlo distribuire o modificare. Generalmente il software proprietario è chiuso, ossia di esso viene fornito soltanto il codice oggetto, mentre il licenziatario trattiene presso di sé il sorgente (per approfondire cliccare qui).
- SOFTWARE OPEN SOURCE: il suo uso è concesso con una licenza che conferisce al licenziatario la piena libertà di eseguire, studiare, modificare, distribuire il software stesso. La libertà di distribuire un software open source può essere soggetta alla sola condizione del copyleft, ossia all’obbligo di assoggettare a licenza open source anche le modifiche di tale software.
Nel caso in cui il titolare dei diritti rinunci irrevocabilmente ai propri diritti economici e non limiti la distribuzione con la clausola del copyleft, chiunque potrà usare, modificare e distribuire il software, ma potrà altresì rivendicare il proprio diritto d’autore sulle versioni che includano le proprie modifiche: solo in tale ultimo caso si potrà parlare allora di software di pubblico dominio.
Per approfondire:
- G. Sartor, Corso d’Informatica giuridica, 2010, Torino, pp. 1-418;
- C. Biagioli, S. Pietropaoli, Informatica giuridica – Considerazioni sulle tecniche di costruzione delle disposizioni normative nella prassi legislativa italiana in Informatica e diritto, 2003, fasc. 1-2, pp. 77-98;
- M. Jori(a cura di), Elementi di informatica giuridica, 2006, Torino, pp. 1-303;
- N. Palazzolo(diretto da), Manuale di Informatica giuridica, 2008, Catania, pp. 1-260;
- G. Peruginelli, G. Taddei Elmi, Dall’informatica giuridica al diritto dell’Internet, 2006, Diritto dell’Internet, fasc. 2, pp. 113-128;
- V. Franceschelli, La Direttiva CEE sulla tutela giuridica del software: trionfo e snaturamento del diritto d’autore, in Riv. dir. ind., 3-4, 1991, p. 169 e ss.
- V. Francechelli, Tre ipotesi di disciplina giuridica per il software, in Riv. dir. ind., 2-4, 1986, p. 274 e ss.
- V. Franceschelli, Tutela giuridica dei programmi per elaboratore, in Le nuove leggi civili commentate, 2, 1995, p. 261 e ss.;
- G. Ghidini, I programmi per computers fra brevetto e diritto d’autore, in Giur. commerciale, 2, 1984, p. 251 e ss.;
- V. Meli, Le “utilizzazioni libere” nella direttiva 96/9/CE sulla protezione giuridica delle banche di dati, in AIDA, 1997, p. 86 e ss.;
- N. Negroponte, Essere digitali, Milano 1995;
- P. Samuelson, Copyright, digital data, and fair use in digital networked environments, in The electronic superhighway: the shape of technology and law to come (E. MACKAY, D. POULIN, P. TRUDEL eds.), The Hauge 1995;
- P. Samuelson, R. Davis, M.D. Kapor, J.H. Reichman, A manifesto concerning the legal protection of computer programs, in Colum. Law Rev., 8, 1994, p. 2308 e ss.
Nicola Nappi
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