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Sulla tempestività della richiesta di rimessione in termini in caso di mancato perfezionamento del deposito telematico

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Con la sentenza n. 45/2025 del 3 gennaio 2025, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per l’efficienza della giustizia telematica: l’uso esclusivo del deposito telematico e le conseguenze di un malfunzionamento del sistema informatico. La decisione rappresenta un riferimento importante per l’interpretazione dei poteri del Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) e del Procuratore della Repubblica nella gestione delle richieste di archiviazione nei procedimenti contro ignoti.


La Vicenda Giudiziaria

Il caso prende avvio dal provvedimento del G.i.p. del Tribunale di L’Aquila, che aveva dichiarato inammissibile una richiesta di archiviazione presentata in modalità analogica. Il deposito cartaceo era stato autorizzato dal Procuratore della Repubblica a causa di un malfunzionamento certificato del sistema informatico per la gestione delle archiviazioni massive, specificatamente nei procedimenti contro ignoti seriali.

Il G.i.p., ritenendo non sussistente un reale malfunzionamento, ha escluso la legittimità del deposito analogico, generando una stasi procedurale. Questa decisione è stata impugnata in Cassazione dal Procuratore della Repubblica per abnormità strutturale e funzionale.


Il Principio di Diritto

La Suprema Corte ha ribadito che un provvedimento può essere qualificato come abnorme quando:

  • si pone al di fuori del sistema processuale (abnormità strutturale);
  • genera una paralisi del procedimento, impedendo il regolare svolgimento del processo (abnormità funzionale).

In questo caso, la Corte ha affermato che il G.i.p. ha oltrepassato i limiti della propria funzione giudicante, entrando in un ambito di competenza amministrativa riservato al Procuratore della Repubblica e, in ultima istanza, alla giustizia amministrativa.


Le Ragioni della Decisione

La natura amministrativa del provvedimento del Procuratore della Repubblica: il malfunzionamento dell’applicativo “APP” è stato attestato da un provvedimento amministrativo emesso dal Procuratore e validato dal Consiglio Giudiziario. Tale decisione rientra nella gestione organizzativa degli uffici giudiziari, sottraendosi al sindacato del G.i.p.

Malfunzionamento e deroghe procedurali: l’art. 175-bis c.p.p. disciplina i casi di malfunzionamento informatico, prevedendo la possibilità di depositi analogici. Il G.i.p. ha confuso il concetto di malfunzionamento con quello di mancato funzionamento, richiedendo una totale impossibilità operativa non contemplata dalla norma.

Obbligo di gestione cumulativa dei procedimenti contro ignoti: l’art. 415, comma 4, c.p.p., impone che le richieste di archiviazione relative agli ignoti seriali siano presentate in modalità cumulativa, rendendo di fatto impraticabile la gestione telematica individuale in caso di malfunzionamento.


Implicazioni Operative

La decisione della Corte di Cassazione potrebbe avere un forte impatto sulla gestione del processo penale telematico, in quanto innanzitutto fa chiarezza sui poteri del G.i.p.: il Giudice non può entrare nel merito di decisioni amministrative che riguardano la gestione tecnica degli uffici giudiziari. Ma poi sottolinea anche l’importanza del coordinamento tra normativa tecnica e processuale: l’adozione di strumenti telematici richiede un continuo aggiornamento normativo per garantire efficienza e certezza del diritto. I malfunzionamenti tecnici infatti, se attestati, devono essere gestiti con soluzioni organizzative senza compromettere il proseguimento dei procedimenti.

E quindi con l’annullamento del provvedimento del G.i.p. e la trasmissione degli atti al Tribunale, la Cassazione ha ristabilito l’equilibrio tra le competenze amministrative e giudiziarie, rafforzando i principi di efficienza e legalità. Ci sembra quindi di poter affermare che tale sentenza rappresenta un monito sull’importanza di un utilizzo coerente e proporzionato degli strumenti telematici nel processo penale.

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