Il sogno di far entrare finalmente la Pubblica Amministrazione Italiana nel 21° secolo, e di dire quindi addio alle lunghe code, ai documenti cartacei e agli uffici chiusi per pranzo, o di richiedere il passaporto comodamente dal divano di casa, passa dalla realizzazione degli obiettivi del Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (PTI), un documento che definisce le politiche e gli obiettivi della Pubblica Amministrazione in materia di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) per un arco di tre anni, o quasi!
E si, perché il PTI fu introdotto dalla Legge di stabilità 2016 col (nobile) fine di garantire che la Pubblica Amministrazione utilizzasse le TIC in modo efficiente ed efficace, per migliorare i servizi offerti ai cittadini e alle imprese e per favorire la modernizzazione dell’amministrazione stessa. Nella prima edizione (2017-2019) fu posto l’accento sull’introduzione del Modello strategico dell’informatica nella PA. Ma già con la seconda edizione (2019-2021), poi, si creò un evidente cortocircuito. Il piano, infatti, si proponeva di dettagliare l’implementazione del modello, ma nel bel mezzo del triennio si cambiò rotta, e fu varato un nuovo piano, 2020-2022 focalizzato invece sulla realizzazione delle azioni previste e sul monitoraggio dei risultati, andando a definire circa 200 azioni a carico di AGID e Dipartimento per la trasformazione digitale, altri soggetti istituzionali e, altre a carico di PA centrali e locali.
Il nuovo PTI, infatti, si concentrava maggiormente sull’innovazione e la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, per migliorare l’efficienza, l’efficacia e la qualità dei servizi offerti ai cittadini e alle imprese, con l’obiettivo dichiarato di accelerare la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, attraverso l’adozione di tecnologie innovative e la promozione di una maggiore collaborazione tra amministrazioni e con il mondo delle imprese e delle start-up.
Il piano aveva anche l’obiettivo di promuovere l’inclusione digitale e l’accessibilità ai servizi digitali per tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro abilità e dalle loro condizioni. Un focus maggiore fu posto sulla sicurezza informatica e sulla protezione dei dati personali, per garantire che i cittadini e le imprese potessero utilizzare i servizi digitali in modo sicuro e protetto. Attenzione era rivolta poi anche all’uso dell’intelligenza artificiale e dell’analisi dei dati per migliorare i servizi offerti ai cittadini e alle imprese e rendere la Pubblica Amministrazione più efficiente e trasparente, all’uso del cloud computing per la gestione dei dati e dei sistemi informatici della Pubblica Amministrazione, e all’uso dell’Internet of Things (IoT) per la creazione di servizi innovativi e per la raccolta di dati in tempo reale, al fine di migliorare la qualità dei servizi offerti e di aumentare l’efficienza dell’amministrazione.
Ma dopo un solo anno, nel 2021, il piano triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione (PTI) fu ulteriormente implementato e sono stati introdotti nuovi obiettivi e azioni per la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione.
In particolare, si è dato maggiore enfasi sull’adozione dei sistemi di firma digitale e di autenticazione per i cittadini e le imprese, al fine di rendere i servizi digitali più accessibili e sicuri (anche se sul punto, è stata espressa qualche riserva – premere qui per vedere – ed anche più volte – premere qui per vedere).
Inoltre, sono state introdotte nuove iniziative per la digitalizzazione dei processi amministrativi, come l’utilizzo della fatturazione elettronica e della conservazione digitale dei documenti, per migliorare l’efficienza e l’efficacia dei servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione.
Sono stati inoltre previsti maggiori investimenti per la formazione degli addetti alla Pubblica Amministrazione e per la sicurezza informatica, per garantire che gli operatori possano utilizzare le tecnologie in modo efficace e sicuro.
Oggi i principi guida del piano sono i seguenti:
- digital & mobile first (digitale e mobile come prima opzione): le pubbliche amministrazioni
devono realizzare servizi primariamente digitali; - digital identity only (accesso esclusivo mediante identità digitale): le pubbliche
amministrazioni devono adottare in via esclusiva sistemi di identità digitale definiti dalla
normativa; - cloud first (cloud come prima opzione): le pubbliche amministrazioni, in fase di definizione di
un nuovo progetto e di sviluppo di nuovi servizi, adottano primariamente il paradigma cloud,
tenendo conto della necessità di prevenire il rischio di lock-in; - servizi inclusivi e accessibili: le pubbliche amministrazioni devono progettare servizi pubblici
digitali che siano inclusivi e che vengano incontro alle diverse esigenze delle persone e dei
singoli territori; - dati pubblici un bene comune: il patrimonio informativo della pubblica amministrazione è
un bene fondamentale per lo sviluppo del Paese e deve essere valorizzato e reso disponibile
ai cittadini e alle imprese, in forma aperta e interoperabile; - interoperabile by design: i servizi pubblici devono essere progettati in modo da funzionare
in modalità integrata e senza interruzioni in tutto il mercato unico esponendo le opportune
API; - sicurezza e privacy by design: i servizi digitali devono essere progettati ed erogati in modo
sicuro e garantire la protezione dei dati personali; - user-centric, data driven e agile: le amministrazioni sviluppano i servizi digitali, prevedendo
modalità agili di miglioramento continuo, partendo dall’esperienza dell’utente e basandosi
sulla continua misurazione di prestazioni e utilizzo; - once only: le pubbliche amministrazioni devono evitare di chiedere ai cittadini e alle imprese
informazioni già fornite; - transfrontaliero by design (concepito come transfrontaliero): le pubbliche amministrazioni
devono rendere disponibili a livello transfrontaliero i servizi pubblici digitali rilevanti; - codice aperto: le pubbliche amministrazioni devono prediligere l’utilizzo di software con
codice aperto e, nel caso di software sviluppato per loro conto, deve essere reso disponibile
il codice sorgente.
L’analisi dei principi cardine del piano permetterebbe di comprendere il salto tecnologico che si vuol far perseguire al Paese per essere al passo con i cambiamenti tecnologici in un’ottica di trasformazione digitale.
Ad oggi, secondo il monitoraggio dell’Agenzia per l’Italia Digitale, i risultati attesi sono stati pienamente raggiunti con riferimento agli obiettivi in tema di dati, piattaforme, interoperabilità e sicurezza informatica, mentre resta ancora da compiere qualche passo (ma si è a buon punto) in tema di governance, servizi e infrastrutture.
Insomma, sembrerebbe proprio che siamo ad un passo dalla rivoluzione! Eppure la percezione comune non sembra essere questa!
Vi è da dire, infatti che nonostante gli obiettivi ambiziosi e le azioni previste per la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, spesso la loro attuazione non avviene in modo tempestivo e completo a causa di problemi organizzativi e di mancanza di risorse.
Tra i problemi organizzativi si può certamente segnalare la mancanza di una adeguata formazione per gli addetti alla Pubblica Amministrazione, il che rende certamente più difficile l’adozione delle nuove tecnologie e l’utilizzo dei nuovi servizi digitali, poi un ulteriore problema può ravvisarsi nel fatto che il piano non sempre prevede una adeguata collaborazione tra le diverse amministrazioni per la condivisione delle soluzioni e delle best practices, il che rende evidentemente difficile la creazione di soluzioni innovative e di un’offerta di servizi omogenea.
Forse con il prossimo piano (2023-2025) potrebbe essere opportuno prevedere una valutazione adeguata dell’impatto sui cittadini e sulle imprese dei nuovi servizi digitali proposti, ed una adeguata consultazione con gli stakeholder interessati, in modo da avere anche una valutazione maggiormente reale dell’impatto economico dei nuovi servizi digitali proposti e soprattutto del ritorno sugli investimenti effettuati.
Nicola Nappi
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