IMMOBILE PIGNORATO: il canone locativo è vile se inferiore di un terzo rispetto al giusto prezzo

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«Ai sensi dell’art. 2923, comma 3, c.c., l’acquirente della cosa pignorata può liberarsi dall’obbligo di rispettare la locazione stipulata anteriormente al pignoramento ove dimostri che il canone locativo è inferiore di un terzo al giusto prezzo, oppure a quello risultante da precedenti locazioni; nello scrutinio del primo tra i due suddetti parametri, in particolare, il giudice ben può far ricorso a qualsiasi argomento di prova offerto dalle parti, compresi le presunzioni, nonché gli elementi ricavabili dal raffronto del canone della locazione con quello di una successiva sublocazione del medesimo immobile, stipulata dal conduttore, se del caso procedendo ad una comparazione in termini percentuali e comunque coerente con i criteri di estimo, soprattutto ove l’immobile sia stato sublocato in estensione diversa rispetto a quella della locazione originaria».

Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. De Stefano – Rel. Saija, con la sentenza n. 23508 del 27 luglio 2022.

Nel caso in esame accadeva che la creditrice assegnataria ex art. 590 c.p.c. di un immobile pignorato, in forza del conseguente decreto di trasferimento agiva contro la società che, a suo dire, lo deteneva senza titolo.

Il precetto veniva notificato anche alla conduttrice dell’immobile che a sua volta lo aveva sublocato.

Interveniva anche la sublocataria che aveva chiesto dichiararsi l’inopponibilità del contratto di locazione dell’aprile 2002, nonché di quello di sublocazione del febbraio 2003, in quanto non trascritti prima della trascrizione del pignoramento e comunque perché stipulati a canone “vile” ex art. 2923, comma 3, c.c.

Il Tribunale, preso atto che l’immobile era stato rilasciato alla società assegnataria dalla sublocataria nel marzo 2013, dichiarava cessata la materia del contendere, e compensava integralmente le spese di lite escludendo la responsabilità aggravata dell’intimante.

Veniva proposto gravame e che veniva respinto dalla Corte d’appello di Roma, la pronuncia veniva impugnata e cassata con rinvio dinanzi alla stessa Corte d’Appello ritenendo che il rilascio dell’immobile era avvenuto non già spontaneamente o per accordo tra le parti, ma a seguito dell’esecuzione per rilascio frattanto avviata dall’assegnataria., sicché non era possibile dichiarare la cessazione della materia del contendere, occorrendo invece pronunciarsi sul merito dell’opposizione

Nel giudizio di rinvio, la Corte d’appello di Roma, con sentenza accoglieva l’appello della conduttrice, dichiarando l’inesistenza del diritto dell’assegnataria di procedere ad esecuzione forzata per rilascio dell’immobile in questione e condannandola al risarcimento del danno patito dall’intimata.

In particolare, il giudice del rinvio accertò che il contratto di locazione tra la società riconducibile ai debitori esecutati, già proprietari dell’immobile e la società conduttrice dell’immobile era opponibile all’assegnataria ai sensi dell’art. 2923 c.c., giacché esso:

1) aveva data certa anteriore al pignoramento;

2) s’era automaticamente rinnovato ex lege, alla prima scadenza del 31.8.2011, per un ulteriore novennio, senza necessità di autorizzazione del giudice dell’esecuzione ex art. 560 c.p.c., né di trascrizione nei RR.II.;

3) non poteva comunque dirsi regolato da prezzo inferiore di un terzo a quello giusto o a quello risultante da precedenti locazioni, di cui peraltro non v’era traccia nel processo.

Avverso la sentenza d’appello la società assegnataria ricorreva per cassazione basato su sei motivi dei quali appare d’interesse solo il terzo.

Con tale motivo la ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 2923, comma 3, c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.

La ricorrente osservava come la prima locazione tra l’originaria locatrice (società riconducibile agli esecutati, proprietari dell’immobile) e la conduttrice prevedeva un canone annuo pari a circa 1/3 dell’importo richiesto alla sublocataria.

Gli Ermellini ritenevano il motivo fondato e pertanto accoglievano il ricorso con rinvio alla Corte d’Appello per l’esame.

Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti provvedimenti pubblicati in Rivista:

ESECUZIONE IMMOBILIARE: IL G.E. PUÒ EMETTERE ORDINE DI LIBERAZIONE DI CASO LOCAZIONE A CANONE C.D. VILE

È UNA PECULIARE POTESTÀ ORDINATORIA, CON EFFICACIA MERAMENTE ENDOPROCESSUALE PER LA MIGLIORE LIQUIDAZIONE

Sentenza | Corte di Cassazione, Pres. Vivaldi – Rel. De Stefano | 28.03.2022 | n.9877

https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/esecuzione-immobiliare-il-g-e-puo-emettere-ordine-di-liberazione-di-caso-locazione-a-canone-c-d-vile

PROCEDURE ESECUTIVE: LA LOCAZIONE CON CANONE “VILE” È INOPPONIBILE ALL’ AGGIUDICATARIO

All’ acquirente deve essere assicurata una rendita adeguata al valore del bene

Articolo Giuridico | Il Mattino, Legalmente | 19.02.2017 |

https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/procedure-esecutive-la-locazione-con-canone-vile-e-inopponibile-all-aggiudicatario