Il ricorso telematico è una modalità di presentazione dei ricorsi che richiede l’uso di una piattaforma informatica. Questa, però, può presentare dei problemi di funzionamento, soprattutto in prossimità della scadenza del termine. In questi casi, il giudice può concedere la rimessione in termini al ricorrente che dimostri di aver agito con diligenza e di aver subito un disservizio tecnico non imputabile alla sua condotta.
Un caso di deposito telematico tardivo di un ricorso contro il diniego della protezione internazionale è stato oggetto di esame da parte della Corte di Cassazione. Il ricorrente aveva inviato il ricorso tramite posta elettronica certificata pochi minuti dopo la mezzanotte del termine perentorio, ma non aveva allegato le ricevute di invio e di consegna. Il Tribunale aveva respinto il ricorso per tardività e la richiesta di rimessione in termini, ritenendo che il ricorrente non avesse provato l’effettiva data e ora dell’invio telematico. La Corte di Cassazione ha invece riconosciuto la validità del deposito telematico, a condizione che fosse stato raggiunto lo scopo dell’atto processuale, ai sensi dell’art. 156, 3° Co., c.p.c. La Corte ha precisato che la presenza di un “errore fatale” nel sistema informatico della cancelleria, che impediva il caricamento dell’atto nel fascicolo telematico e l’accettazione del deposito da parte del cancelliere, non era necessariamente imputabile a colpa del mittente e consentiva la rinnovazione del deposito con rimessione in termini (cfr. Cass. sez. lav., ord. 5/01/2023, n. 238).
Il difensore aveva fatto tutto nel modo giusto: aveva cliccato sul pulsante per depositare telematicamente il ricorso entro il termine stabilito. Ma qualcosa è andato storto: il sistema informatico e telematico, per ragioni ignote e imprevedibili, rallentava la procedura di caricamento e trasmissione della busta telematica. Così, le PEC che attestavano l’accettazione, la consegna e l’esito dei controlli automatici arrivavano con un ritardo fatale: pochi minuti dopo la mezzanotte, quando il termine era già scaduto. Il Collegio ha però riconosciuto che si è trattato di una situazione di forza maggiore e di un errore involontario. Pertanto, la domanda di rimessione in termini avrebbe dovuto essere accolta.
La Corte, in base a queste considerazioni, ha dato dunque ragione al ricorrente ed ha annullato il decreto contestato con rinvio al Tribunale.
Riferimenti
Cass. civ., sez. I, ord., 8 marzo 2023, n. 6944
Daniele Giordano
Ultimi post di Daniele Giordano (vedi tutti)
- Protezione dei Dati e Gig Economy: Analisi del Provvedimento del Garante n. 675/2024 su Foodinho e Glovo - Novembre 22, 2024
- Verso una regolamentazione consapevole: analisi del Codice di Buone Pratiche sull’intelligenza artificiale generale - Novembre 15, 2024
- La Direttiva (UE) 2024/2831: un passo avanti per le condizioni di lavoro sulle piattaforme digitali - Novembre 12, 2024
- Domicilio digitale e notifiche telematiche: l’ordinanza n. 28532/2024 della Corte di Cassazione - Novembre 7, 2024
- Il nuovo quadro di protezione dati UE-USA: valutazione critica del rapporto dell’EDPB del 4 novembre 2024 - Novembre 5, 2024