In materia di trattamento dei dati personali, il soggetto onerato dell’obbligo di fornire risposta in ordine al possesso (o meno) dei dati sensibili è il destinatario dell’istanza di accesso e non invece l’istante, dovendo il primo sempre riscontrare l’istanza dell’interessato, anche in termini negativi, dichiarando espressamente di essere, o meno, in possesso dei dati di cui si richiede l’ostensione.
Questo il principio espresso dalla Cassazione con ordinanza n. 9313 del 4 aprile 2023, con la quale la Suprema Corte si è pronunciata in merito agli obblighi, in materia di privacy, che sussistono in capo alla banca nel riscontrare il soggetto che richieda di quali dati sensibili l’istituto sia in possesso.
Nel caso di specie, la Cassazione ha stabilito che la banca non ha adempiuto all’obbligo di riscontrare l’istanza di accesso ai dati personali del richiedente, impedendogli di verificare la legittimità della raccolta di tali dati.
L’articolo 12 del Regolamento UE n. 679/2016 impone al destinatario della richiesta di accesso di fornire informazioni sull’esistenza dei dati personali solo a seguito dell’istanza dell’interessato.
Pertanto, la banca avrebbe dovuto rispondere all’istanza in materia di privacy dell’interessato, anche se il riscontro avesse avuto un esito negativo. Il destinatario dell’istanza di accesso ai dati deve sempre riscontrare l’istanza dell’interessato, anche in termini negativi, non potendosi trincerare dietro ad un non liquet, come ritenuto dal Tribunale di Milano.
Daniele Giordano
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