La fine delle indagini preliminari è un momento cruciale nel processo penale, in quanto segna il passaggio dalla fase investigativa a quella dibattimentale. Il pubblico ministero, una volta conclusa l’attività di raccolta delle prove, deve comunicare al giudice per le indagini preliminari e alle parti la chiusura delle indagini, indicando gli elementi di prova a suo carico e a suo favore.
In questa fase, il Codice di procedura penale prevede e disciplina molteplici ipotesi in cui l’indagato, o di chi abbia interesse, ha diritto di estrarre copie di documenti, ivi compresi quelli incorporati su supporti informatici. Il diritto di copia è disciplinato dall’articolo 267 del codice di procedura penale e dagli allegati n. 6 e n. 7 del decreto ministeriale n. 55/2014.
Il diritto di copia senza certificazione di conformità si applica ai documenti che non sono destinati a costituire prova in giudizio, come le relazioni tecniche, le informative di polizia giudiziaria, le dichiarazioni rese dal soggetto sottoposto alle indagini o da altri soggetti. In questo caso, il difensore può ottenere copia dei documenti in formato cartaceo o digitale, previo pagamento dei diritti di copia stabiliti dal decreto ministeriale.
Il diritto di copia con certificazione di conformità si applica invece ai documenti che sono destinati a costituire prova in giudizio, come le intercettazioni telefoniche o ambientali, le riprese video o audio, i dati informatici o telematici. In questo caso, il difensore può ottenere copia dei supporti informatici contenenti i documenti, previo pagamento dei diritti di copia e della cauzione stabiliti dal decreto ministeriale. La cauzione serve a garantire la restituzione dei supporti informatici al termine del processo. La copia dei supporti informatici deve essere accompagnata da una certificazione di conformità rilasciata dal pubblico ministero o dal suo delegato.
Il diritto di copia dei supporti informatici è un diritto fondamentale del difensore, in quanto gli consente di esaminare le prove raccolte dal pubblico ministero e di preparare la difesa del suo assistito. L’art. 415-bis c.p.p., che prevede che qualora il Pubblico Ministero intenda esercitare l’azione penale, egli fa notificare all’indagato un avviso contenente
la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia”.
Tale norma, a ben vedere, è espressione del principio del giusto processo sancito dall’art. 111 Cost. e dall’art. 6 CEDU, che richiede che il processo sia equo, imparziale, pubblico e celere, e che l’imputato abbia tutte le garanzie necessarie per esercitare il suo diritto di difesa.
La normativa processuale penale prevede altre diverse ipotesi in cui è possibile ottenere copie di documenti informatici, estratti e certificati, o il rilascio di copie di atti processuali. In particolare:
- l’art. 258 c.p.p. disciplina il caso in cui i documenti informatici siano acquisiti nel corso delle indagini preliminari o del dibattimento. In tal caso, il pubblico ministero o il giudice possono autorizzare la riproduzione dei documenti informatici da parte delle parti o dei difensori, previa verifica della loro conformità all’originale. La riproduzione può avvenire mediante qualsiasi mezzo idoneo a garantire l’autenticità e la fedeltà dei documenti informatici riprodotti;
- l’art. 116 c.p.p. regola il caso in cui le parti o i difensori richiedano copie, estratti o certificati degli atti processuali. In tal caso, il giudice può autorizzare la cancelleria a rilasciare le copie, gli estratti o i certificati richiesti, previo pagamento delle spese. Il provvedimento del giudice è inoppugnabile e deve essere motivato in caso di diniego.
- l’art. 243 c.p.p. si riferisce al caso in cui le parti o i difensori richiedano copie autentiche di documenti acquisiti nel corso del processo. In tal caso, il giudice può autorizzare la cancelleria a rilasciare le copie autentiche richieste, a condizione che i documenti non siano secretati per motivi di sicurezza, di riservatezza o di tutela dei diritti altrui.
- l’art. 233 c.p.p. riguarda il caso in cui le parti nominino propri consulenti tecnici fuori dai casi di perizia. In tal caso, i consulenti tecnici possono esporre al giudice il proprio parere, anche presentando memorie scritte. Il giudice può disporre che i consulenti tecnici siano sentiti in udienza o che depositino le loro relazioni nella cancelleria.
Tuttavia, il diritto di copia non è assoluto e può essere limitato da motivi di sicurezza nazionale, ordine pubblico, tutela della privacy o segreto istruttorio. In questi casi, il pubblico ministero può negare la copia dei supporti informatici o autorizzarla solo parzialmente o con modalità diverse da quelle richieste dal difensore. Il difensore può impugnare il diniego o la limitazione del diritto di copia davanti al giudice per le indagini preliminari.
Bisogna dire, infine, che al di là del diniego del P.M., in realtà il riconoscimento del diritto di copia su supporti informatici diviene spesso impraticabile stante i costi di estrazione del materiale: a tal proposito basti rilevare che secondo l’allegato 8 all’art. 269 DPR 115/2002 la copia di ogni compact disc viene rilasciata al prezzo di euro 320,48.
Per approfondimenti
- Ministero della giustizia, Diritti di copia e di certificazione degli atti e documenti custoditi dagli uffici giudiziari su supporto informatico, 2019. - A. Balsamo, La fine delle indagini preliminari e il diritto di difesa, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2010, pp. 1157-1178. - G. Liguori, Il diritto di copia dei supporti informatici nel processo penale, in Diritto penale contemporaneo, 2017.
Nicola Nappi
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