Come abbiamo visto in un precedente contributo (premere qui per leggerlo), una delle sfide contemporanee della P.A. è rappresentata certamente dalla gestione degli open data attraverso dataset. Infatti gli open data per essere definiti tali devono essere, in formato aperto, riutilizzabili e in formato disaggregato.
In altre parole, si può affermare che gli open data rappresentano una tipologia di dati digitali resi disponibili, con precise caratteristiche tecniche e normative, per essere liberamente utilizzati, riutilizzati e ridistribuiti da chiunque, in qualsiasi momento e ovunque.
Per poter entrare nel merito della gestione di questo tipo di dati nella Pubblica Amministrazione, la quale è gravata dall’obbligo di pubblicare dati, metadati e banche di dati in suo possesso (fatta eccezione per i dati dell’anagrafe tributaria) giova richiamare la normativa del Codice dell’Amministrazione Digitale che definisce gli open data come dati di tipo aperto caratterizzati dall’essere:
- disponibili secondo i termini di una licenza o di una previsione normativa che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato;
- accessibili attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, in formati aperti, adatti all’utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e provvisti dei relativi metadati;
- disponibili gratuitamente attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, oppure disponibili ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e divulgazione.
Il fatto che tali dati debbano essere disponibili ed accessibili attraverso le tecnologie dell’informazione implica che essi siano organizzati in dataset che altro non sono che banche di dati. Ma tali banche di dati devono avere dei requisiti specifici e quindi devono avere delle specifiche licenze. Uno dei requisiti principali è che esse devono essere utilizzabili commercialmente e dunque devono essere “libere”, tant’è che anche l’art. 52 del C.A.D., che consiste in una norma di chiusura, afferma che qualunque dato (salvi ovviamente quelli tutelati dalla privacy e salvi quelli esclusi dall’art. 24, L. 241/1990), in mancanza di previsione di licenze standard, va inteso come in formato aperto (open data by default).
Si badi però che il fatto che il dato debba essere pubblicato come dato aperto, non significa automaticamente che debba essere una licenza CC-0, ovverosia senza rinuncia di tutti i diritti in modo imperituro, salvo contrasti di legge. Invero, la licenza più appropriata per la Pubblica Amministrazione è quella denominata come CC-by, ove è garantita la paternità della banca di dati pubblicata. Ciò ha un duplice beneficio: da un lato, infatti, i dataset sono comunque utilizzabili a livello commerciale, ma qualora vi fossero errori negli stessi o non fossero aggiornati o dall’utilizzo dei dataset ne derivasse un qualche nocumento, la P.A. può essere individuata come responsabile e quindi qualcuno ne risponderebbe. Ciò garantirebbe anche la tutela dei diritti morali d’autore in conformità col diritto sui generis del costitutore (premere qui per approfondire). Chiaramente tutto ciò non avrebbe luogo con la licenza CC-0, dove la paternità non è in alcun modo riconosciuta. Per non parlare della licenza Share-Alike che andrebbe addirittura a limitare la riutilizzabilità degli open data, poiché infatti l’impresa che utilizzasse dei dataset pubblici e proprietari, potrebbe non avere la possibilità di ripubblicare la nuova banca di dati e, così facendo, si limiterebbe inevitabilmente l’iniziativa e l’innovazione economica.
Sotto il profilo delle responsabilità, la Pubblica Amministrazione deve garantire la qualità, l’aggiornamento e la sicurezza dei dati che pubblica, nonché il rispetto della privacy e della proprietà intellettuale. Mentre invece, i terzi utilizzatori devono rispettare le condizioni delle licenze e assumersi la responsabilità delle opere che creano a partire dai dati aperti. In caso di violazione delle norme o di danni a terzi, possono incorrere in sanzioni civili o penali.
In conclusione, la gestione degli open data nella Pubblica Amministrazione richiede una visione strategica e una cultura della condivisione, che sappiano valorizzare le opportunità offerte dai dati aperti per il bene comune. Allo stesso tempo, occorre prestare attenzione ai vincoli normativi e alle implicazioni etiche che derivano dall’uso e dal riuso dei dati aperti, al fine di garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, oltre che un costante bilanciamento con altri diritti previsti dall’ordinamento come, ad esempio, quelli sulla protezione dei dati personali. Solo così si potranno sfruttare appieno i benefici degli open data per lo sviluppo della società e dell’economia.
Per approfondire:
- B. Coccagna, G. Ziccardi, Open data, trasparenza elettronica e codice aperto, in M. Durante, U. Pagallo (a cura di), Manuale di informatica giuridica e diritto delle nuove tecnologie, Torino, 2012 - F. Faini, Gli open data, in G. Ziccardi, P. Perri (a cura di), Tecnologia e Diritto, Vol. II, Milano, 2019 - V. Pagnanelli, Accesso, accessibilità, Open Data. Il modello italiano di Open Data Pubblico nel contesto europeo, in Giornale di storia costituzionale, 31,2016 - Garante per la protezione dei dati personali, Privacy e trasparenza on line della Pa: le nuove Linee guida del Garante, 2014. Disponibile su: https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3152130 - R. Marchetti, Open Data: licenze e strumenti giuridici per la promozione della trasparenza, in Rivista trimestrale di diritto dell’economia, 3, 2018, pp. 663-684 - V. Pignataro, Open data e diritto d'autore: gli strumenti della licenza Creative Commons in Rivista italiana dei diritti d'autore, della cultura e dello spettacolo, 4(2), 2019, pp. 353-377. - E. Tambouris & K. Tarabanis, Open Government Data Licensing: From Theory to Practice, in Open Government: Concepts, Methodologies, Tools, and Applications, Hershey, 2019, pp. 1983-2000
Nicola Nappi
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