La responsabilità amministrativa delle società cancellate dal registro delle imprese: riflessioni su una recente sentenza della Cassazione

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La recente sentenza n. 25648/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’ambito della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, introdotta dal D. Lgs. 231/2001. La decisione verte sul caso della società High Engineering S.r.l., cancellata dal registro delle imprese dopo una procedura di liquidazione volontaria, il cui amministratore era imputato per reati di turbata libertà degli incanti e corruzione. In questo contesto, la Corte ha dovuto determinare se la cancellazione dell’ente dal registro delle imprese comporti l’estinzione dell’illecito amministrativo e, conseguentemente, della sanzione pecuniaria.

1. La questione giuridica: cancellazione dal registro e effetti sulla responsabilità ex D. Lgs. 231/2001

L’elemento chiave della pronuncia consiste nel verificare se la cancellazione volontaria di una società dal registro delle imprese equivalga, ai fini penali, alla “morte del reo”, ex art. 150 c.p., estinguendo ogni rapporto processuale. La Corte d’Appello di Milano, richiamandosi a un orientamento della Cassazione (sent. n. 41082/2019), aveva concluso che l’illecito amministrativo fosse da considerarsi estinto, essendo la società definitivamente dissolta. Di diverso avviso il Procuratore Generale che, nel suo ricorso, ha invocato un approccio più rigoroso, per evitare che la cancellazione possa diventare una “scorciatoia” utilizzabile dalle società per sfuggire alle conseguenze sanzionatorie derivanti dal D. Lgs. 231/2001.

2. La giurisprudenza contrapposta e i rilievi della corte

La Corte di Cassazione riconosce che, negli anni, il tema ha visto contrapporsi due orientamenti principali:

  • Orientamento Estintivo: sostiene che la cancellazione dal registro delle imprese estingue la società in modo definitivo e irreversibile, rendendo impossibile l’applicazione di sanzioni, poiché queste non potrebbero colpire un ente non più esistente. Tale posizione si basa sulla lettura combinata dell’art. 2495 c.c. e degli artt. 8 e 67 del D. Lgs. 231/2001, che limitano le cause estintive previste per gli illeciti amministrativi.
  • Orientamento Opposto: propone che la cancellazione non debba equivalere a un’estinzione dell’illecito amministrativo, poiché ciò potrebbe incentivare “cancellazioni opportunistiche” o liquidazioni fraudolente. Questo approccio cerca di assicurare che la responsabilità degli enti non sia elusa, invocando il principio della “responsabilità personale e patrimoniale” degli enti giuridici, sancito dall’art. 27 della Costituzione.

3. Gli argomenti della Cassazione: una chiusura al formalismo estintivo

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, ritenendo fondate le conclusioni della Corte d’Appello. Le motivazioni principali risiedono nel riconoscimento del carattere definitivo della cancellazione, che determina l’estinzione della soggettività giuridica della società. La Cassazione osserva che:

  • l’inefficacia delle sanzioni pecuniarie e interdittive: le sanzioni previste dal D. Lgs. 231/2001 sono concepite per colpire enti in attività, mirando non solo a punire ma anche a favorire un “adeguamento normativo”. La Cassazione sottolinea che la sanzione, inflitta a un ente inesistente, si rivela priva di senso pratico e giuridico;
  • l’esclusione della responsabilità di terzi: la responsabilità per il pagamento delle sanzioni pecuniarie non può essere estesa ai liquidatori o agli ex-soci, in quanto si violerebbe il principio di responsabilità personale;
  • il principio di tassatività delle cause estintive: gli artt. 8 e 67 del D. Lgs. 231/2001 elencano in modo chiaro ed esaustivo le cause di estinzione degli illeciti amministrativi. Pertanto, interpretare la cancellazione della società come una causa estintiva dell’illecito rappresenterebbe un’estensione non consentita.

4. La distinzione tra vicende modificative ed estintive dell’ente

La sentenza chiarisce ulteriormente la differenza tra cancellazione e vicende modificative dell’ente (come fusione, trasformazione, scissione), evidenziando che queste ultime non implicano la dissoluzione definitiva dell’ente ma solo la sua trasformazione giuridica. Di contro, la cancellazione dal registro comporta la fine formale e sostanziale della società, rendendo impossibile proseguire il procedimento contro un soggetto giuridico non più esistente.

Conclusioni e riflessioni finali

Questa decisione evidenzia una scelta di prudenza e rigore interpretativo da parte della Corte di Cassazione, che opta per un’applicazione strettamente formale delle norme, privilegiando la certezza giuridica rispetto a un approccio finalizzato a impedire abusi potenziali. Nonostante ciò, la sentenza richiama l’attenzione su una zona grigia normativa, suggerendo l’opportunità di un intervento legislativo che disciplini in modo più dettagliato gli effetti della cancellazione delle società nel contesto della responsabilità amministrativa. Un intervento simile potrebbe arginare le lacune normative che attualmente consentono cancellazioni mirate a eludere l’azione punitiva dello Stato.

In sintesi, la sentenza n. 25648/2024 non solo ribadisce il principio di irretroattività delle sanzioni, ma sottolinea l’importanza di una visione restrittiva e prudente in materia di responsabilità degli enti, che si pone come punto di riferimento per future controversie.