La sentenza n. 4596/2025 della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione pubblicata lo scorso venerdì, affronta una tematica di particolare rilevanza in ambito concorsuale: la risoluzione del concordato preventivo per inadempimento e la contestazione dei crediti nell’ambito della procedura. Il caso trae origine dalla dichiarazione di risoluzione di un concordato preventivo da parte del Tribunale di Nocera Inferiore, confermata successivamente dalla Corte d’Appello di Salerno e infine impugnata in Cassazione dalla società debitrice.
Il Caso di specie
La società ricorrente aveva presentato un piano di concordato preventivo omologato nel 2014, prevedendo il pagamento dei creditori chirografari con una falcidia del 20,98% dei crediti vantati. La debitrice, però, non ha adempiuto all’obbligo di pagamento, invocando la contestazione dei crediti bancari per presunta applicazione illegittima di interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto e altre spese non pattuite.
La Corte d’Appello ha ritenuto tale condotta un grave inadempimento, giustificando la risoluzione del concordato. La ricorrente ha impugnato la decisione sostenendo che il mancato pagamento derivava dalla pendenza di giudizi per l’accertamento della legittimità dei crediti bancari.
Principali censure in Cassazione
La ricorrente ha sollevato sei motivi di impugnazione, tra i quali:
- Violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c. per errata valutazione probatoria della Corte d’Appello in merito all’effettiva contestazione dei crediti.
- Violazione dell’art. 186 L. Fall. per aver ritenuto che il mancato pagamento fosse indice di incapacità finanziaria.
- Errata interpretazione della normativa concorsuale, in quanto l’inclusione dei crediti bancari nel piano non avrebbe dovuto precludere la loro contestazione successiva.
- Erronea valutazione dell’inadempimento da parte della Corte d’Appello, che avrebbe considerato grave l’omesso pagamento senza attendere la definizione dei giudizi sulla contestazione dei crediti.
- Insussistenza dell’interesse ad agire della banca, poiché non avrebbe dimostrato un vantaggio concreto derivante dalla risoluzione del concordato.
- Errata interpretazione dell’art. 186 L. Fall., sostenendo che la risoluzione del concordato non possa essere chiesta da un creditore insoddisfatto senza dimostrare un danno effettivo.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello con alcuni correttivi interpretativi:
- L’inclusione dei crediti nel piano concordatario non impedisce la loro successiva contestazione, ma tale contestazione non può costituire una giustificazione al mancato pagamento laddove il piano omologato ne preveda l’adempimento.
- Il tribunale può disporre il deposito delle somme contestate a garanzia dei creditori, e il mancato versamento di tali somme può costituire un indice di inadempimento.
- L’interesse ad agire per la risoluzione del concordato sussiste per il creditore insoddisfatto, senza necessità di dimostrare ulteriori pregiudizi.
- Il mancato pagamento, unito alla mancanza di risorse liquide, configura un grave inadempimento, legittimando la risoluzione del concordato.
Conclusioni e implicazioni per le procedure concorsuali
Questa pronuncia ribadisce alcuni principi fondamentali in materia di concordato preventivo:
- L’obbligo di pagamento dei creditori nei termini concordatari è vincolante, anche in presenza di contestazioni.
- L’inserimento di un credito nell’elenco concordatario non preclude la sua successiva contestazione, ma ne impone il rispetto nei termini dell’omologa.
- Il mancato deposito delle somme contestate può costituire grave inadempimento, giustificando la risoluzione del concordato.
- La legittimazione del creditore insoddisfatto a chiedere la risoluzione del concordato è riconosciuta, senza necessità di ulteriore prova di pregiudizio.
La decisione rappresenta un monito per le imprese in concordato: la strategia di contestare i crediti senza adempiere agli obblighi concordatari non può costituire uno strumento per ritardare i pagamenti. Il mancato rispetto delle condizioni concordatarie può legittimare la risoluzione con conseguenze gravose per la società debitrice.
Per approfondire:
- Cass. civ., Sez. 1^, 21 febbraio 2025, n. 4596
Anna Esposito
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