La Corte ha accolto l’eccezione sollevata dalla parte resistente riguardo alla tardività del ricorso presentato dalla parte ricorrente. Infatti, la sentenza contro cui si è ricorso era stata notificata tramite PEC il 30 ottobre 2017, mentre il ricorso era stato notificato solo il 23 febbraio 2018, superando così i 60 giorni previsti dalla legge per impugnare una sentenza (art. 325 c.p.c.). La Corte ha ricordato che la notifica telematica della sentenza vale ai fini del decorso del termine per impugnare e che la ricevuta di consegna della PEC dimostra che la sentenza è stata recapitata correttamente al destinatario e ai suoi allegati. Solo se il destinatario riesce a provare che ci sono stati errori tecnici nel sistema informatico può eccepire la nullità della notifica (Cass. n. 6912/2022; Cass. n. 20039/2020; Cass. n. 9897/2019; Cass. n. 26773/2016).
Per i giudici di legittimità il legale che abbia assistito la parte nel giudizio di appello, anche se non sia abilitato al patrocinio davanti alle corti superiori, può inviare via P.E.C. al collega della parte avversa la sentenza di appello, per far scattare il termine per ricorrere in Cassazione e rendere definitiva la sentenza, adempiendo così ai propri doveri derivanti dalla fase precedente. Tale attività rientra infatti tra quelle che può svolgere il procuratore che ha la rappresentanza nel giudizio di merito, il quale non ha bisogno di essere “cassazionista” e che inoltre, anche se il grado di giudizio di merito è concluso rispetto alla procura ricevuta, può legittimamente fare e ricevere gli atti che si collegano a quel grado di giudizio»
Questo il principio di diritto enunciato:
il difensore del precedente grado di giudizio in appello, ove pure in quel momento non iscritto all’albo degli avvocati patrocinanti innanzi alle giurisdizioni superiori, abbia il potere di notificare via P.E.C. al difensore della controparte la sentenza di appello, allo scopo di veder decorrere il termine per l’impugnazione ed ottenere il passaggio in giudicato della sentenza, in adempimento dei propri obblighi di cui alla precedente fase. Infatti, tale attività ben può essere posta in essere dal procuratore dotato di rappresentanza nel giudizio di merito, il quale dunque può anche essere privo del titolo di “cassazionista” e che peraltro, pur esaurito il grado di giudizio di merito rispetto al quale era stata conferita la procura, può legittimamente continuare a compiere e ricevere gli atti che si riferiscono a quel grado di giudizio“.
Riferimenti
Cass. civ., sez. I, ord., 15 marzo 2023, n. 7442
Daniele Giordano
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