La Corte di Cassazione ha chiarito i presupposti per la riduzione del risarcimento del danno da sinistro stradale per concorso colposo della vittima
Il caso
Tizio rimane vittima di un sinistro stradale causato da un conducente che guidava in stato di ebbrezza. Nel giudizio penale viene accertata la responsabilità dell’investitore per omicidio colposo e viene riconosciuto il diritto al risarcimento del danno a favore dei congiunti di Tizio, da liquidarsi in separata sede.
I congiunti della vittima instaurano diversi giudizi civili, poi riuniti, per sentir condannare in solido al ristoro dei pregiudizi patiti – iure proprio e iure hereditatis – l’investitore, le due comproprietarie del veicolo e l’assicurazione per la responsabilità civile automobilistica. Il Tribunale, accertata l’esclusiva responsabilità per il sinistro in capo all’investitore, accoglie le domande attoree volte a ottenere il risarcimento dei soli danni iure proprio.
Viene proposto quindi appello e la Corte d’Appello, invece, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduce l’entità del risarcimento riconosciuto ai congiunti per la perdita del rapporto parentale, ravvisando la corresponsabilità della vittima nella misura del 20% per l’inosservanza dell’obbligo di indossare la cintura di sicurezza.
Il ricorso per Cassazione
I famigliari di Tizio impugnano quindi la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, per quanto di interesse, l’erronea applicazione dell’art. 2054, Co. 1, c.c.
In particolare, a parere dei ricorrenti, non si ravvisavano ragioni per la riduzione dell’entità del risarcimento da parte della Corte d’Appello perché il mancato uso della cintura di sicurezza era stato ininfluente rispetto al decesso.
La sentenza della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto la prospettazione dei famigliari di Tizio, sulla base del seguente ragionamento:
- in applicazione dell’art. 1227, Co. 1, c.c., il risarcimento del danno patito iure proprio dai congiunti di persona deceduta per colpa altrui deve essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di colpa ascrivibile alla vittima dell’illecito;
- la diminuzione del risarcimento del danno patito iure proprio dai congiunti di persona deceduta per concorso colposo della vittima, tuttavia, trova fondamento normativo anche direttamente nella disciplina del fatto illecito (nel caso specifico, nell’art. 2054 c.c.), dovendo il “cagionare” o il “produrre il danno” essere intesi in termini parziali laddove concorra una concausa umana colposa, sulla base di una lettura unitaria del complesso normativo derivante dagli artt. 1227, Co. 1, 2054 e 2055 c.c.;
- pertanto, affinché possa dirsi che il contegno colposo della vittima abbia effettivamente concorso nella causazione del pregiudizio patito dai congiunti, occorre accertare che la colpa ascrivibile alla vittima del sinistro, che si sostanzi nella trasgressione di una regola cautelare alla cui osservanza la vittima era tenuta e che tale trasgressione abbia effettivamente inciso nell’eziologia del sinistro rivelatosi mortale.
Nella fattispecie concreta, la Corte d’Appello aveva errato perché aveva ridotto l’entità del risarcimento spettante iure proprio ai congiunti, avendo accertato soltanto la violazione della regola cautelare da parte della vittima, senza svolgere alcuna indagine sull’incidenza causale di tale violazione rispetto all’evento morte.
La sentenza è dunque stata cassata, con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione per la decisione nel merito, in applicazione del seguente principio di diritto:
In caso di domanda di risarcimento del danno iure proprio proposta dai congiunti della vittima di un sinistro stradale mortale, l’idoneità della condotta colposa dell’ucciso a contribuire alla concausazione del danno deve essere apprezzata verificando, sulla base degli elementi probatori assunti a presupposto del giudizio fatto, l’effettiva incidenza avuta sull’evento morte dalla trasgressione della regola cautelare – generica o specifica – allo stesso ascritta”.
Conclusioni
La sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un importante aspetto della disciplina del risarcimento del danno da sinistro stradale mortale.
In particolare, la Corte di Cassazione chiarisce che, affinché il concorso colposo della vittima possa essere valutato ai fini della riduzione del risarcimento spettante ai suoi congiunti, è necessario che la condotta colposa della vittima abbia effettivamente inciso sull’evento morte. In altre parole, non è sufficiente che la vittima abbia violato una regola cautelare, ma è necessario anche che tale violazione abbia effettivamente contribuito a causare l’evento dannoso.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse errato nel ridurre il risarcimento spettante ai congiunti del sig. A.C., in quanto non aveva svolto alcuna indagine sull’incidenza causale del mancato uso della cintura di sicurezza sul decesso della vittima. La Corte di Cassazione ha dunque cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla stessa Corte d’Appello main diversa composizione, affinché quest’ultima possa svolgere l’indagine necessaria a verificare se il mancato uso della cintura di sicurezza abbia effettivamente inciso sull’evento morte.
La sentenza della Corte di Cassazione è importante perché fornisce un importante chiarimento sulla disciplina del risarcimento del danno da sinistro stradale mortale.
In particolare, la sentenza ribadisce che il concorso colposo della vittima può essere valutato ai fini della riduzione del risarcimento spettante ai suoi congiunti, ma che è necessario che tale concorso abbia effettivamente inciso sull’evento dannoso.
Tale chiarimento è utile sia per i congiunti delle vittime di sinistro stradale, sia per gli operatori del diritto, in quanto consente di valutare correttamente i presupposti per la riduzione del risarcimento.
Per approfondire:
- Cass. civ, sez. III, sent., 12 dicembre 2023, n. 34625
Maria Paola Caiazzo
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