Perdonerete il tono drastico utilizzato nel titolo di questo contributo, che non è certo nel mio stile, ma è frutto dell’incredibile quantità di fake news che, da qualche settimana, stanno circolando sul web, generando numerosi equivoci. Al punto che diversi colleghi mi hanno fermato per strada, nei corridoi dei palazzi di giustizia o addirittura chiamato allo Studio per chiedere chiarimenti su presunte “nuove regole” che avrebbero stravolto le nostre modalità operative per i depositi e le notifiche telematiche.
Ebbene, visto l’alto livello di confusione, considerato che è d’uopo fare chiarezza e rassicurare tutti, comincio questo contributo col dire subito: non è cambiato nulla di sostanziale per noi avvocati!
Ma entriamo nel merito.
Lo scorso 7 agosto la Direzione generale dei sistemi informativi automatizzati (DGSIA) del Ministero della Giustizia ha pubblicato il decreto regolamentare che introduce nuove specifiche tecniche per i processi telematici della Giustizia Ordinaria, sia civile che penale, con entrata in vigore prevista per oggi, 30 settembre. Tempestivamente su questo portale l’ottimo collega Giordano pubblicava un contributo esplicativo che consiglio vivamente di consultare (premere qui per leggere).
Nei giorni successivi, diverse informazioni fuorvianti hanno cominciato a circolare nel web, alimentando confusione tra i colleghi avvocati. Si dice, infatti, che le nuove specifiche tecniche obblighino i legali a depositare gli atti processuali esclusivamente in formato PDF e che i dati identificativi delle ricevute vadano inseriti nel file “DatiAtto.xml”, con l’obbligo di produrre separatamente l’attestazione di conformità. Tutto falso.
È importante fare chiarezza: nulla di tutto questo comporta un cambiamento radicale per noi avvocati, né nelle modalità operative né nei formati utilizzati. Adesso cercherò di spiegare nel modo più chiaro possibile il perché.
Cosa dicono davvero le specifiche tecniche?
Le specifiche tecniche recentemente adottate dal Ministero della Giustizia confermano quanto già avveniva nel processo telematico, con piccole aggiunte riguardanti la gestione del formato degli atti e delle ricevute:
- Formati di deposito: gli atti devono essere in formato PDF, come già avviene da tempo, o PDF/A. È richiesto che siano privi di elementi attivi (es. macro) e ottenuti dalla conversione di documenti testuali (formato .pdf nativo), il che significa che la scansione di immagini è permessa solo in casi particolari (ad esempio, in atti del procedimento penale). Insomma, nulla di diverso di quanto avviene normalmente.
- Il file DatiAtto.xml: questo file XML esiste già e accompagna l’atto principale per fornire informazioni strutturate. Non si tratta di una novità, ma di una pratica già nota nel processo civile telematico. Esso contiene le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, nonché dati tecnici utili al sistema. Ma viene compilato in automatico dal redattore, non di certo da noi avvocati! L’unica cosa che dobbiamo fare è firmarlo digitalmente, come avviene di prassi (ormai la quasi totalità dei redattori, tra l’altro, non consente l’invio della busta senza la firma di tale file).
- Attestazione di conformità: nessuna modifica drastica. Come già previsto, l’attestazione di conformità può essere inserita nello stesso PDF dell’atto o in un documento separato. Non vi è in alcun modo obbligo di generare un documento aggiuntivo con specifiche caratteristiche diverse rispetto a quelle già in uso.
Ma allora cosa cambia e per chi?
Le novità introdotte dalle specifiche tecniche riguardano quindi principalmente gli operatori del sistema giustizia, come gli ufficiali di polizia giudiziaria e i pubblici ministeri. Vengono migliorati i flussi telematici di comunicazione tra questi soggetti attraverso il “Portale delle notizie di reato” (PNR), un sistema che facilita l’invio telematico di atti. Per quanto riguarda gli avvocati, le modalità operative rimangono le stesse: nessuna nuova complessità burocratica o tecnica.
Cambiano i formati dei documenti?
Le vecchie specifiche tecniche ammettevano esclusivamente due tipi di formati: .pdf e .rtf, adesso invece è stato aggiunto il formato PDF/A (i tributaristi sanno di cosa sto parlando) oltre che l’indicazione dei formati di impaginazione A4 e A3. Importante sottolineare che il formato PDF/A può essere utilizzato anche per le procure alle liti.
Il PDF/A è un formato standardizzato per l’archiviazione a lungo termine di documenti digitali. A differenza del formato PDF tradizionale, il PDF/A è progettato per essere autosufficiente, garantendo che tutti gli elementi necessari per visualizzare il documento (font, immagini, grafica, ecc.) siano incorporati nel file stesso. Questo assicura che il documento possa essere visualizzato nello stesso modo, anche a distanza di molti anni, senza dipendere da software esterni o aggiornamenti tecnologici. Il che lo rende un formato quanto mai idoneo per il processo (ma anche per le scritture private).
La maggior parte dei software di elaborazione testi (come Microsoft Word, Google Docs, LibreOffice, per citarne alcuni) consente di salvare un documento in formato PDF/A. Di solito, è possibile farlo selezionando “Salva come” o “Esporta” e scegliendo il formato PDF/A nelle opzioni avanzate.
Si possono allegare immagini, video e audio?
Mentre per le immagini non vi è alcuna modifica sostanziale, ma solo l’esplicitazione dei formati JPEG e TIFF con più estensioni e l’aggiunta del nuovo formato DICOM (.dcm), e dunque potranno continuare ad essere allegate come sempre, la novità riguarda l’aggiunta esplicita dei formati video MPEG2, MPEG4 e AVI, e dei formati audio MP3, FLAC, RAW, WAV e AIFF. Una introduzione direi quanto mai opportuna, e che ci libera da quelle faticose “operazioni fantasiose” per la produzione in giudizio di filmati.
Si possono allegare file compressi?
Nulla di nuovo anche per i file compressi di cui è consentito l’utilizzo dei formati .zip, .rar, .arj purché contenenti file nei formati previsti dalle stesse specifiche. Importante però specificare che se all’interno dell’archivio compresso vi è un documento da firmare digitalmente, la firma va apposta dopo la compressione.
Quale dimensione massima potrà avere la busta?
Effettivamente le specifiche tecniche avevano inizialmente innalzato la dimensione massima consentita per la busta telematica (e non per l’Atto.enc) da 30 a 60 mega byte.
Si trattava di un’inezia dal momento che la cifratura di regola fa aumentare il peso dell’Atto.enc di circa il 30%, e il che avrebbe significato che esso non avrebbe dovuto superare i circa 40 mega byte, con l’evidente problema della quasi impossibilità a prevedere esattamente le dimensioni dei documenti originali dopo la doppia cifratura in Atto.enc e successivamente nel .eml della PEC di invio.
Sto forse scendendo in qualche tecnicismo di troppo. Ma non è così difficile come sembra. La busta telematica è l’involucro che contiene tutti i documenti necessari per il deposito di un atto presso l’ufficio giudiziario. Funziona come una vera e propria busta (nel senso analogico) che si usa infatti per racchiudere:
- l’atto principale (ad esempio, un ricorso, una memoria, ecc.) in formato PDF o PDF/A, sottoscritto con firma digitale o qualificata;
- gli allegati (ad esempio, documenti di prova, procura alle liti, ecc.), sempre in formati consentiti (PDF, immagini, ecc.);
- i file tecnici come il DatiAtto.xml, che contiene informazioni strutturate come i dati identificativi dell’atto e la nota di iscrizione a ruolo.
L’Atto.enc è invece un file cifrato che contiene al suo interno l’atto principale del deposito (il documento in PDF firmato digitalmente) e gli eventuali allegati. È il cuore della busta telematica, ma differisce da questa perché:
- contiene solo i documenti veri e propri: l’atto e gli allegati in formato cifrato;
- è crittografato per garantire la sicurezza e la riservatezza dei documenti durante la trasmissione. La cifratura avviene utilizzando la chiave pubblica dell’ufficio giudiziario destinatario.
In altre parole, l’Atto.enc è una parte della busta telematica, e la busta telematica è il pacchetto completo che contiene sia l’atto cifrato (Atto.enc) che gli altri dati necessari per il corretto deposito (come i file XML, metadati, ecc.).
Ecco spiegato il perché aumentare le dimensioni della busta da 30 a 60 mega byte non sarebbe servito a granché.
Poi però, molto opportunamente, il 16 settembre scorso il Direttore Generale della Direzione generale dei servizi informativi automatizzati del Dipartimento per l’innovazione tecnologica ha pubblicato una rettifica delle specifiche tecniche, sostituendo al comma 4 dell’art. 17 le parole “la busta telematica” con “l’atto.enc”.
Dunque la dimensione massima consentita per l’Atto.enc passa da 30 a 60 mega byte. Il che si tradurrà in un minor numero di “depositi complementari”.
Rassicurazioni finali
Insomma, care Colleghe e cari Colleghi, le modifiche apportate dalle nuove specifiche tecniche non rappresentano nessun ostacolo o aggravio per la nostra professione. Le fake news che circolano hanno creato un allarmismo ingiustificato.
Continuare a utilizzare gli strumenti telematici come fatto finora è sufficiente per rispettare le norme vigenti.
Non ci sono cambiamenti significativi per gli avvocati e i metodi di lavoro rimangono sostanzialmente invariati.
Nicola Nappi
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