L’Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Maciej Szpunar, ha presentato ieri, 11 gennaio 2024, le proprie riflessioni in merito alle cause riunite C-662/22 Airbnb Ireland, C-667/22 Amazon Services Europe, C-663/22 Expedia, C-664/22 Google Ireland, C-666/22 Eg Vacation Rentals Ireland, C-665/22 Amazon Services Europe. Tali cause pongono l’attenzione sulla questione dell’imposizione, da parte dell’Italia, di obblighi di natura generale e astratta a prestatori di servizi on-line operanti nel territorio italiano ma stabiliti in altri Stati membri.
In Italia, alcuni prestatori di servizi di intermediazione e motori di ricerca on-line, quali Airbnb, Google, Amazon e Vacation Rentals, sono soggetti a specifici obblighi secondo l’articolo 1, comma 6 della Legge n. 249 del 1997. Tali obblighi includono l’iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione (ROC), la trasmissione periodica di informazioni all’AGCOM sulle strutture societarie e sull’attività svolta, nonché il versamento di contributi economici all’autorità competente.
La Delibera AGCOM n. 666/2008 richiede ai prestatori di servizi on-line di raccogliere e trasmettere all’AGCOM informazioni dettagliate sulla struttura societaria e di notificare qualsiasi modifica entro termini definiti. Inoltre, tali società non possono generare ricavi superiori al 20% del totale del sistema integrato delle comunicazioni.
I prestatori di servizi on-line, stabiliti in altri Stati membri dell’Unione Europea, contestano tali obblighi, sostenendo che violino il Regolamento (UE) 2019/1150, volto a promuovere equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online, nonché la Direttiva 2000/31 sul commercio elettronico, che sancisce il principio della legge applicabile nello Stato membro di stabilimento del prestatore.
L’Avvocato Generale ritiene che la Direttiva 2000/31 sul commercio elettronico ostacoli l’applicazione di obblighi generali e astratti a prestatori di servizi on-line stabiliti in altri Stati membri. Inoltre, evidenzia che i requisiti previsti dalla normativa italiana non sono giustificati dall’applicazione del Regolamento (UE) 2019/1150, il cui obiettivo è garantire un mercato interno equo e sostenibile per l’attività economica online.
Pertanto, secondo l’Avvocato Generale, uno Stato membro può richiedere informazioni soltanto in relazione agli obblighi imposti dal suddetto Regolamento e agli obiettivi che esso persegue, escludendo, quindi, gli aspetti previsti dalla normativa italiana.
Daniele Giordano
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